mercoledì 1 maggio 2013

Quando gli altri fanno paura: l'ansia sociale

"La fobia sociale, detta anche sociofobia o disturbo di ansia sociale, è la paura intensa e pervasiva di trovarsi in una particolare situazione sociale, o di eseguire un tipo di prestazione, che non siano a chi ne è affetto familiari e da cui possa derivare la possibilità di subire un giudizio altrui [1]. Si tratta di un particolare stato ansioso nel quale il contatto con gli altri è segnato dalla paura di essere malgiudicati e dalla paura di comportarsi in maniera imbarazzante ed umiliante. Le persone affette da questa fobia, evitano situazioni spiacevoli, o se sono costrette ad affrontarle, sono molto a disagio con loro stesse". (cfr. Wikipedia)

Dunque ciò che caratterizza l'ansia sociale è la paura di situazioni sociali (interagire con gli altri o anche semplicemente essere osservati in qualche situazione) o di prestazione. Ad esempio,
chi soffre di questo problema può temere di parlare in pubblico per la preoccupazione che gli altri notino l’arrossamento del viso, il tremore delle mani o della voce, oppure può provare ansia estrema quando conversa con gli altri per la paura di apparire poco chiari. Può evitare di mangiare, bere o scrivere in pubblico per timore di rimanere imbarazzati dal fatto che gli altri possano vedere le proprie mani tremare. Chi soffre di questo problema si rende conto che le proprie paure sono esagerate e irrazionali, ma non riesce in alcun modo a controllarle.

In generale, le persone che soffrono di fobia sociale sembrano presentare questo tipo di caratteristiche:
  • una sopravvalutazione degli aspetti negativi del proprio comportamento;
  • la paura del giudizio negativo;
  • standard di performance elevati;
  • la sensazione di poter perdere il controllo;
  • la sensazione di essere sempre al centro dell'attenzione.
Come si differenzia dalla timidezza?

Nella fobia sociale si manifestano due tipici comportamenti presenti in maniera meno pervasiva nel caso della timidezza: l'ansia anticipatoria e le condotte di evitamento. L'ansia si manifesta anche molto tempo prima delle situazioni temute e spesso ciò porta ad adottare le condotte di evitamento tipiche delle sindromi fobiche. Si crea dunque un circolo vizioso, in quanto l'evitamento non permette di fare esperienza di situazioni che contribuiscono alla maturità sociale e relazionale e a costruire il senso di autoefficacia. Inoltre, l'ansia sperimentata porta ad una prestazione realmente scadente o percepita come tale, alimentando dunque i sentimenti di inferiorità, inadeguatezza, scarsa autostima.

Qual è l'età tipica di insorgenza?

Tipicamente esordisce nell’adolescenza e talvolta emerge da una storia infantile di inibizione o timidezza. Alcuni individui riferiscono l’esordio all'inizio della fanciullezza. L’esordio può seguire in modo brusco un’esperienza stressante o umiliante. Inoltre  il decorso della fobia sociale è spesso continuativo: persiste per tutta la vita, sebbene possa attenuarsi in gravità o andare incontro a remissione durante l’età adulta.

Quali sono le cause?

Le principali spiegazioni sembrano implicare una serie di fattori, come quelli psicologici, ambientali, genetici e biologici. Alcune persone con fobia sociale dichiarano di saper identificare un evento che ha provocato il primo disturbo, ma una relazione di causa effetto non é stata ancora confermata dagli studi.

Prendendo in esame i fattori psicologici possiamo dire che alla base della fobia sociale ci sono tre teorie principali: condizionamento diretto, apprendimento osservativo e trasferimento dell’informazione.

Per quel che riguarda il condizionamento diretto, numerosi studi confermano che la risposta di paura è spesso il frutto di esperienze negative o traumatiche (...). Come nel caso di chi evita di scrivere in pubblico per timore che gli altri possano vedere il tremore delle loro mani, chi ha paura di parlare in pubblico per la preoccupazione che gli altri notino il tremore della loro voce, o l’arrossarsi della pelle. Può essere accaduto un qualsiasi evento di questo tipo per poi sentirsi in imbarazzo in tutte le situazioni sociali future, quindi ci sarà una tendenza da parte della persona ad evitare le occasioni sociali.

L’apprendimento osservativo fa riferimento al fatto che il guardare un’altra persona subire l’evento traumatico può portare alla comparsa di una fobia sociale in chi osserva (...). In alcuni casi coloro che soffrono di fobia sociale hanno genitori o parenti stretti che risentono dello stesso disturbo e si può ipotizzare che l’apprendimento osservativo concorra, tanto quanto i fattori genetici, alla maggiore prevalenza della fobia sociale tra parenti.

La forma meno studiata relativamente all'acquisizione di paura e della fobia sociale è il trasferimento dell’informazione. Dati recenti sulla comunicazione verbale e non verbale dei genitori verso i figli indicano che la paura può essere acquisita attraverso questo percorso. Alla luce degli studi che sono stati effettuati sui soggetti ansiosi ed i loro figli, si può comunque supporre che genitori timidi e con tendenza ad isolarsi, per mezzo della comunicazione sia verbale che non verbale, riproducano un comportamento socialmente fobico ed evitante. Ugualmente, le espressioni di angoscia dei genitori riguardo alle opinioni degli altri, o anche l’insegnamento che certe circostanze possono essere imbarazzanti, spaventose o socialmente pericolose creerebbero, attraverso il trasferimento dell’informazione, circostanze per imparare ad aver paura. 

È importante dire, infine  come la trasmissione genetica da sola non possa rendere conto dello sviluppo del disturbo, così il condizionamento diretto, l’apprendimento osservativo o il trasferimento di informazione non possono spiegare completamente l’eziologia del disturbo.


Note dell'autore: tale articolo ha finalità divulgativa e non sostituisce il consulto di un professionista per la diagnosi ed il trattamento specialistico.


Fonti bibliogratiche:

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