venerdì 26 aprile 2013

Cosa succede dallo psicologo: le risposte ad alcune delle domande più comuni

Molti pazienti, al loro primo colloquio, mi chiedono con un misto di curiosità e preoccupazione "ma quindi vengo qui da lei è cosa devo fare?".
Oggigiorno andare dallo psicologo non è più percepito negativamente come una volta e sono quindi molte le persone che, in alcuni momenti di difficoltà, hanno deciso di rivolgersi ad un professionista. Eppure, non sempre è così chiaro che cosa fa uno psicologo e la scelta di contattarlo è spesso combattuta e accompagnata da dubbi, perplessità (e non solo per il costo che comporta), scetticismo e timore.
In passato il termine “strizzacervelli” e l’idea che “dallo psicologo ci vanno i matti” erano dovuti all'erroneo accostamento con la vecchia psichiatria.
Inoltre, nell’immaginario comune, la psicologia è rimasta confinata per lungo tempo alla psicoanalisi di Freud (al quale va riconosciuta la genialità), al suo famoso lettino e alle analisi milionarie che duravano anni. Ma il tempo passa e niente di tutto questo corrisponde alla psicologia che vediamo ora con i nostri occhi.

Gli psicologi non sono guru che ti guardano dall’alto, ma dei figli, dei padri e delle madri. Provano emozioni, hanno delle difficoltà e delle debolezze come tutti, sono esseri umani. Allo stesso tempo sono professionisti di un’affascinante materia, dedicano gran parte della loro vita allo studio della mente e del comportamento umano e scelgono di svolgere un lavoro attraverso il quale possono fornire aiuto e sostegno alle persone utilizzando la loro esperienza.

Col tempo abbiamo compreso che andare dallo psicologo non è come ci immaginavamo e che la psicologia non è solamente quella che si vede in TV nelle trasmissioni di gossip. Inoltre non è necessario invecchiare sopra un lettino per poter stare meglio perchè gli interventi attuali hanno una durata ragionevole e spesso il percorso si conclude nel breve periodo.

Forse ciò che è rimasto dal passato è un problema di diffidenza e di soldi. Si trova ancora qualche resistenza a pagare per qualcosa che è così difficile da “vedere” concretamente.
Il discorso che facevamo era il seguente: “la riparazione di un rubinetto la puoi vedere, l’acquisto di un telefonino lo puoi toccare, il benessere di un massaggio lo puoi percepire…perché mai dovrei spendere soldi per la psicologia? Devo pagare per farmi ascoltare?”

Già, per molto tempo abbiamo sentito la psicologia come qualcosa di indefinito, come un semplice insieme di parole.
Di recente, invece, abbiamo notato che la psicologia è molto di più. Quella cosa che abbiamo in mezzo alle orecchie, chiamato cervello, non si può vedere e non possiamo nemmeno vedere i pensieri al suo interno. Eppure la mente rappresenta il motore di tutto e possiede capacità immense, nel bene o nel male. Emozioni, comportamenti, relazioni, conflitti, comunicazione, tensioni, pensieri, svalutazioni, autostima, convinzioni, dolore, rabbia, gioia: ci sbagliavamo… forse la psicologia è molto più concreta di quello che sembra, tutto questo esiste e fa parte della vita di ogni essere umano.

Vedere la psicologia con occhi nuovi ci ha anche spaventato. Era molto più semplice affidarsi a qualcuno percepito come guru, perché nel momento in cui le cose non miglioravano potevamo affermare: “ecco non è riuscito a risolvere il mio problema, la psicologia non funziona”.

La psicologia risolve automaticamente, matematicamente e scientificamente tutti i problemi psicologici? 
No! E il desiderio di cambiare è ben diverso dal pretendere che qualcuno ci risolva i problemi.

Putroppo o per fortuna per noi, la psicologia e la crescita personale non sono questo. Abbiamo imparato a responsabilizzarci, a capire che anche noi dobbiamo fare la nostra parte e che se non siamo realmente motivati a metterci in gioco e in discussione non ci sarà nessun miglioramento.

Forse sarà anche meno rassicurante, ma questa è la psicologia che apprezziamo di più e che reputiamo realmente efficace. Questa psicologia rappresenta un investimento dal valore inestimabile per il nostro benessere, per il presente e per il futuro.

Ma quindi cosa si fa in studio?
Una risposta preliminare può essere: per certi aspetti andare dallo psicologo è come andare dal medico, per altri no. Vediamoli.

"Mi faccia delle domande lei!"
Cerco allora di mettermi nei panni di un ipotetico paziente e ne seguo i passi.
Spesso la prima cosa che egli si domanda è: "Cosa dovrò fare quando sarò entrato nello studio dello psicologo?".
C'è chi si chiede se dovrà parlare della sua storia, o se dovrà raccontare di eventuali traumi subìti da bambino (molti pensano che tutti gli psicologi siano interessati a vedere se un paziente ha avuto dei traumi da piccolo). "Non so da dove cominciare", dicono in molti al primo colloquio. "E' la prima volta che prendo appuntamento con uno psicologo e non so come funziona. Per favore, mi chieda lei qualcosa".

Prima fase: definire il problema
Come si fa a far capire al nostro medico perché abbiamo bisogno di lui? E' banale: glielo si spiega. Bene, funziona così anche dallo psicologo. In questo caso, in effetti, è proprio come andare dal medico.
Se questo vi lascia stupiti, vale la pena di chiedersi il perché  Forse, sotto sotto, siete portati a pensare che uno psicologo non abbia bisogno di farvi parlare perché può capire il vostro problema semplicemente guardandovi in faccia. Questa è una delle tante false credenze in circolazione.
Tornando al nostro argomento, dunque, dallo psicologo si parla: non si fa altro. A volte, per meglio capire la situazione, possono servire anche più sedute: non c'è da spaventarsi, è normale, non significa che siete dei "casi gravi", vuol semplicemente dire che il terapeuta ritiene di aver bisogno di altri elementi prima di decidere il da farsi. Tutto qua. Per fare un paragone con il lavoro del medico, potremmo considerare questa fase simile a quando il medico prescrive degli accertamenti per chiarire meglio la situazione.

Una domanda frequente è: quanto dura la fase di definizione del problema?
Dipende: dal tipo di problema, dal modo di lavorare dello psicologo, dal modo di raccontarsi del paziente, eccetera. Per alcuni è difficile aprirsi e raccontarsi, così che la definizione del problema deve seguire e rispettare i tempi del paziente.
E poi cosa succede?

Seconda fase: decidere come lavorare
Dopo aver ragionato su "qual è il problema", è ora il momento di ragionare su "cosa si farà". Qui c'è una grossa differenza rispetto al medico: normalmente con lui non si fanno incontri a ripetizione, anzi spesso basta un unico appuntamento per definire la questione e sapere come comportarsi. Nel caso della psicoterapia, invece, servono più sedute, a cadenza più o meno regolare.
Anche qui, alcune domande ricorrenti: come si svolgono queste sedute? Quante ne servono? Per quanto tempo si va avanti? Quanto spesso ci si vede? Quanto dura ogni singolo incontro?
Ancora una volta dipende da molte cose. Scuola di riferimento del terapeuta, tipo di paziente, tipo di problema, stile personale del terapeuta (che è altra cosa dalla scuola di riferimento)... Le differenze fra un intervento e l'altro possono essere anche notevoli.
Quanto al "cosa succede nelle sedute": come negli incontri di definizione del problema, si parla. Di cosa? Devo ripetermi: dipende anche qui dal tipo di terapia, dallo stile del terapeuta, dal tipo di paziente... Sarà il terapeuta stesso a spiegare cosa accade durante la terapia; se non lo fa, glielo si può tranquillamente chiedere. Alcuni terapeuti, fra un incontro e l'altro, possono anche affidare al paziente delle consegne, dei compiti, cose che egli dovrà fare per conto suo e che fanno parte integrante della terapia.
Perciò l'unica soluzione è chiarirsi direttamente con lo psicologo: egli sa che nella stragrande maggioranza le persone sono all'oscuro di queste cose e dunque non si stupisce di queste domande.

Fonti: 

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